Il 120° Reggimento Artiglieria Motorizzato – Divisione Celere – CSIR
Introduzione
Articolo integrale di Filippo Cappellano tratto dalla rivista “Storia Militare” n. 80 dell’anno 2000 che riporta la storia del reggimento.
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Articolo di di Filippo Cappellano
tratto da “Storia Militare” n.80 dell’anno 2000.
Il 120° reggimento artiglieria motorizzato si costituì presso il deposito del 20° reggimento artiglieria “Piave” a Padova il 15 agosto 1941. (1)
Il suo primo comandante fu il colonnello Dino Di Janni .
Il 25 ottobre 1941 il reggimento venne mobilitato ed il 4 dicembre successivo il 20° reggimento fece dono al 120° dello Stendardo, che venne benedetto alla presenza del comandante la divisione “Piave” generale Roncaglia. Tra il 5 ed il 26 gennaio 1942 si svolse la prima scuola tiro del reggimento in provincia di Vicenza. Intanto lo Stato Maggiore del Regio Esercito dispose di assegnare il reggimento alle dipendenze della divisione celere “Principe Amedeo Duca D’Aosta”, in corso di trasformazione in grande unità motorizzata. Il reggimento era costituito da:
• Comando;
• Reparto comando;
• Reparto munizioni e viveri
• I gruppo di obici da 100/17 mod.14
• II e III gruppo cannoni da 75/27 mod. 11
• 93ª batteria contraerei da 20/65 (mod. 35 ndr)
• 101ª batteria contraerei da 20/65(mod. 35 ndr)

Il teatro delle operazioni dell’estate 194
L’8 febbraio iniziò il trasferimento sul fronte russo (in verità partirono alle 0,25 del 9 febbraio 1942 ndr), prima per ferrovia, poi su via ordinaria con una marcia di oltre 1000 km lungo le strade, alcune volte neppure tracciate, sotto continue tormente di neve. Il 28 febbraio 1942 entrò a far parte del raggruppamento tattico “Lombardi”, alle dipendenze della 1° armata corazzata tedesca, mettendosi in luce, unitamente al 6° reggimento bersaglieri, in una brillante azione che respinse con successo una puntata offensive russa fra Parvlograd e Slarviranca. Assegnato infine al Corpo Di Spedizione Italiano in Russia, dal 15 marzo 1942 il 120° reggimento entrò a far parte della 3ª Divisione Celere “P.A.D.A.” in sostituzione del reggimento artiglieria a cavallo e il 30 maggio il Ministero della Guerra concesse al 120° il motto araldico: “Nuove vampe ne la grande fiamma”. Il 1° giugno avvenne il passaggio delle consegne tra il colonnello Di Janni ed il tenente colonnello De Simone al comando del reparto. Il 6 giugno si costituì presso il reggimento la 10ª batteria controcarro armata di cannoni da 75/34 mod. 97/38 di provenienza tedesca (2)

Il generale Giovanni Messe (secondo da destra) osserva un cannone controcarri Pak-38 da 5 cm sul fronte russo. Alcuni pezzi di questo tipo furono ceduti dai tedeschi al corpo d’armata alpino nel 1942 (ASSME)
– 13 caduti, tra cui un ufficiale,
– 54 feriti, di cui 11 ufficiali,
– un disperso.
Il danno più grave era stata la distruzione di preziosi materiali: soltanto il II gruppo del 120° reggimento ebbe a lamentare la perdita di 10 cannoni da 75/27, 2 mitragliere da 20 mm, 7 trattori TL 37 e 13 autocarri

Sezione di obici da 122 mm M1942 catturati ai sovietici con, sullo sfondo, un gruppo di prigionieri in attesa di essere avviati alle retrovie (AUSSME)
Il giorno seguente le truppe italo-tedesche proseguirono la manovra offensiva, tenacemente contrastata dai russi, che lanciarono rabbiosi contrattacchi sempre appoggiati da forze corazzate. Alcuni carri sovietici insinuatisi attraverso le maglie degli attaccanti, mentre compivano una scorreria nelle retrovie italiane, si portarono a breve distanza dal 578° reggimento comando della divisione celere, venendo distrutti dal pronto intervento di una sezione cannoni controcarri da 75/34. Alla sera del 31 tutti i contrattacchi che erano stati respinti. L’attacco del terzo e sesto bersaglieri del 578° reggimento tedesco venne ripreso a mezzanotte, portando alla conquista degli abitanti di Serafimovich e Bjelajevski.
Le operazioni dell’ansa del Don continuarono fino al 14 agosto con cruenti combattimenti per il possesso del grande bosco tra Bobrowski e Baskovski. Al termine della battaglia di Serafimovich il nemico aveva subito forti perdite in uomini e mezzi; 47 carriarmati due autoblindo della brigata corazzata erano stati eliminati: 35 distrutti, per la maggior parte dall’artiglieria ed alcuni dai bersaglieri con bottiglie di benzina, mentre 12 erano stati gettai nel Don per evitare la cattura (31 carri e 2 autoblindo furono messi fuori combattimento, gli altri 16 dai tedeschi).
La prima battaglia vittoriosa contro i carri russi ebbe vasta eco nell’ARM.I.R. e il comando artiglieria dell’8° armata richiese alla 3ª Divisione Celere una relazione dettagliata sulla battaglia, e in particolare sul comportamento del munizionamento impiegato, oltre ad esprimere vivissima ammirazione per il mirabile contegno in combattimento ottenuto dagli artiglieri. (4)
Il 15 agosto la divisione celere venne ritirata dalla linee del fuoco per riordinarsi e ripianare le perdite ma il 22 successivo il reggimento fu chiamato urgentemente in prima linea per andare a sostenere il settore delle divisione “Sforzesca” sottoposto ad un veemente attacco russo. Il 120° si schierò nella zona di Jagodnij, inserito in un caposaldo, dove fu costretto a sparare ad alzo zero alle minime distanze.
Dal 15 marzo al 20 settembre 1942 il reggimento sparò complessivamente 35.500 colpi, oltre a quelli delle mitragliere da 20/65. Dal 10 luglio al 20 settembre ebbe distrutto il seguente materiale: 12 cannoni da 75/27 mod. 11, 2 obici da 100/17, 2 canoni da 75/34 mod. 97/38, 3 mitragliere da 20/65, 7 cannoni da 75/27, 16 autocarri di vario tipo, 7 trattori TL 37, 2 motocicli. Le perdite in vite umane furono di 3 ufficiali morti e 10 feriti, 26 soldati di truppa morti ed 88 feriti, un disperso. Per atti di valore individuali fino al 30 settembre 1942 furono assegnate 5 medaglie d’Argento al Valor Militare, 13 di Bronzo e 7 Croci di Guerra sul campo e per il ciclo operativo del marzo-ottobre 1942 lo Stendardo di Guerra del reggimento venne decorato di medaglia d’Argento al Valor Militare.

Cannone sovietico da 76,2 mm mod. 39 di preda bellica
* * *
Commenti dell’autore, Filippo Cappellano
Dallo svolgimento dell’azione di Serafimovich risalta lo scarso addestramento dei carristi russi, supplito però da una notevole aggressività e sprezzo del pericolo. Ogni singolo plotone carri operò a livello autonomo, senza un coordinamento a livello compagnia. L’azione slegata della formazione corazzata e la mancata alternanza di fuoco e di movimento tra le singole pedine del plotone fu determinata forse anche dall’assenza di apparati radio a bordo, almeno sui carri gregari. L’istruzione degli artiglieri italiani si rivelò invece adeguata: la batteria da 75/34 seppe riconoscere a distanza la sagoma dei carri T34, rispetto a quella dei carri leggeri, concentrando su di essi il tiro con granate a carica cava, riservando ai BT il munizionamento ordinario. Durante l’azione i pezzi vennero spostati a mano per prendere di fianco i carri nemici. Gli artiglieri del gruppo da 75/27 utilizzarono subito granate senza spoletta dal miglior effetto controcarri, come prescritto dalle norme. Nella mischia accesasi presso q. 210,1 gli artiglieri rimasero ai pezzi, sparando a bruciapelo sui carri. In questa occasione risultò, però, carente il servizio di vigilanza e di sicurezza, che favorì l’irruzione di sorpresa dei carri russi.
L’ottimo rendimento in funzione controcarri delle artiglierie della 3ª Divisione Celere non fu dovuto certo al caso, ma il frutto di un intenso addestramento volto alla tecnica di puntamento e tiro diretto contro bersagli mobili ed a vaste esperienze a fuoco contro sagome reali di carri russi catturati. Fin dal maggio 1942 la 3ª Divisione Celere aveva fatto eseguire tiri sperimentali con armi della fanteria e artiglierie contro carri sovietici di preda bellica; l’esercitazione a fuoco, condotta insieme a reparti tedeschi, mirava soprattutto a verificare l’efficacia del munizionamento perforante ed ordinario contro le corazze laterali dello spessore di 15 mm di un carro BT da 14 tonnellate rimasto impantanato nelle linee italiane durante la battaglia di Natale. Furono utilizzati: proiettili calibro 8 mm sparati da una mitragliatrice Fiat mod. 14-35, senza apprezzabili risultati; proietti perforanti – esplodenti da 20 mm della mitragliera contraerei Breda mod. 35, con perforazione netta della torretta e dello scafo a 150 m di distanza; proietti perforante da 47/32 a 150 m, con perforazione netta dello scafo e lesioni alla parete opposta; granate da 75/27 ordinarie e mod. 32 spolettate a 150 metri, con nessun effetto e senza spoletta, con effetto di sfondamento della corazza dello scafo; granate ordinarie da 100/17 spolettate a una distanza di 450 metri, con perforazione della torretta e dello scafo. Furono effettuati, inoltre, esperimenti con ordigni esplosivi da parte di una squadra di distruttori di carri ricorrendo a: 6 bombe a mano legate insieme e munite di impugnatura, con l’effetto di spezzare la cingolatura e sfondare la parte superiore della corazza di scafo all’altezza del vano motore; 2 bombe a mano legate insieme e collocate intorno alla bocca da fuoco del cannone, con il risultato di ovalizzare leggermente la canna; una bottiglia Molotov senza provocare incendi.
Sulla base dei risultati ottenuti, il Comando Artiglieria della divisione Principe Amedeo Duca d’Aosta trasse degli ammaestramenti riassunti in una breve memoria sull’impiego delle artiglierie nel tiro controcarri. Vi si raccomandava di aprire il fuoco solo alle minori distanze a motivo della facilità di puntamento, dell’elevato valore della velocità residua del proietto sparato con la carica massima, della traiettoria tesa e dei minimi tempi di volo della granata In relazione alla velocità di traslazione del carro. Con i pezzi da 75 e 100 mm in dotazione la distanza massima di intervento non doveva essere superare i 500- 600 m . Oltre tali valori le possibilità di colpire diminuivano sensibilmente e l’azione controcarri perdeva il fondamentale vantaggio della sorpresa. Il cannone doveva sparare alla celerità massima di tiro e molto importante era la ripartizione degli obiettivi tra i pezzi, affinché ogni cannone della batteria sapesse contro quale carro della formazione nemica dovesse rivolgere il tiro. Nella esecuzione del Fuoco controcarri, tra un carro in movimento in direzione frontale ed un altro in direzione obliqua, era preferibile sparare contro quest’ultimo, anche se non minacciava direttamente lo schieramento d’artiglieria, in considerazione della maggiore vulnerabilità della corazzatura laterale del carro. Da ciò la convenienza di predisporre l’incrocio dei fuochi fra i pezzi della batteria.
Per ordine del Comando Artiglieria del XXXVº corpo d’armata (C.S.I.R.) i tiri di addestramento vennero ripetuti in data 3 giugno 1942 alla presenza del generale Marazzani, comandante della 3ª Divisione Celere e del generale Dupont, comandante dell’artiglieria dello C.S.I.R. Le esercitazioni si svolsero sempre contro un carro BT fermo con corazzatura intatta, utilizzando un cannone da 75/27 mod.12 del reggimento artiglieria a cavallo, un pezzo controcarro di preda bellica russa da 45mm ed un fucilone sovietico da 14,5mm. A distanza di 300m sparando granate mod. 32 da 75/27 con spoletta mod. 10/40, con spoletta mod. 10 senza innesco e senza spoletta si ottennero sempre gravi danneggiamenti contro la corazza laterale del carro. A completamento di tali esperienze il comando del Corpo di Spedizione Italiano in Russia diramò a tutte le unità dipendenti delle norme circa i tiri controcarri. In attesa della distribuzione dei proietti perforanti da 75/27 si ordinava di impiegare contro i carri armati le granate mod.32 munite di spoletta ed innesco. Quantunque il proietto senza spoletta o senza innesco garantisse maggiori capacità di perforazione, era da ritenersi preferibile l’uso della granata spolettata ed innescata, dato che nel primo caso non si realizzava alcun effetto se non si colpiva in pieno il carro e si ottenevano scarsi effetti locali se non si colpivano parti vitali del mezzo.” “Molto si è discusso sull’impreparazione tecnica evidenziata dal Regio Esercito nell’affrontare l’Armata Rossa e le condizioni ambientali in terra di Russia. Un’analisi serena ed obiettiva, ricavata comparando le prestazioni di armamenti ed equipaggiamenti in dotazione agli eserciti italiano, russo e tedesco nel 1941 riesce a far giustizia di molti luoghi comuni e stempera giudizi quantomeno ingenerosi sul grado di operatività del C.S.I.R. Al momento dell’invasione tedesca, la massa dei carri armati russi era costituita da carri leggeri T26, carri veloci BT-5/7 e tankette T37 e T38. (5)
I T34 in servizio erano meno di 1.000, mentre i carri pesanti KV 1/2 non superavano le 500 unità. I T26 ed i BT erano già stati affrontati e battuti in Spagna dal Corpo Truppe Volontarie; la loro protezione massima non superava i 25 mm, che li metteva alla mercé dei cannoni italiani da accompagnamento e controcarri da 47/32 e 65/17. Anche le mitragliere Breda da 20/65, alle brevi distanze e sulle pareti laterali della corazza, potevano risultare letali ai carri russi.
Il C.S.I.R. non subì attacchi di consistenti formazioni corazzate sovietiche fino all’estate del 1942. Le divisioni Principe Amedeo Duca d’Aosta (P.A.D.A.), Torino e Pasubio, in previsione del loro invio in Russia, vennero rinforzate con numerosi cannoni da 47/32. Considerando anche il battaglione controcarri di corpo d’armata, ogni reggimento di fanteria italiano poteva disporre di una compagnia rinforzata di cannoni da 47/32, eguagliando la dotazione di armi controcarri di un reggimento di fanteria tedesco dell’epoca. (6)
Le informative sull’esistenza dei carri T34 e KV1 giunsero in Italia agli organi competenti solo verso la fine del ’41. Così scrive il Capo di Stato Maggiore Generale Cavallero in data 27 dicembre 1941 allo Stato Maggiore del Regio Esercito:
Da recenti notizie risulta che il solo materiale di almeno 88 mm di calibro può avere ragione sui moderni carri pesanti russi. È evidente che per il futuro dovremo orientarci, per l’azione contro i carri medi e pesanti, all’impiego del pezzo da 90/53. (7)
Le tanto vituperate divisioni autotrasportabili italiane godevano di un livello di motorizzazione superiore alla massa delle grandi unità tedesche che partecipavano all’operazione Barbarossa, costituite da divisioni di fanteria appiedata con artiglierie e servizi a traino animale. L’esercito tedesco impiegò in Russia con buoni risultati l’unica divisione di cavalleria disponibile, mentre da parte russa si ricorse largamente dal 1941 al 1943 a corpi di cavalleria. Nessuna particolare impressione doveva quindi suscitare l’invio sul fronte orientale della 3ª Divisione Celere con due reggimenti di cavalleria ed uno di artiglieria a cavallo. Nel 1941 la produzione di carri medi M 14/41 era appena sufficiente a ripianare le perdite delle divisioni corazzate e motorizzate impiegate in Libia. Nel corso della prima controffensiva italo-tedesca in Africa settentrionale dall’aprile 1941, l ‘”Ariete” disponeva ancora di battaglioni carri montati su L 3. Nella considerazione che i pezzi di artiglieria italiani a traino meccanico da 75/27 e 100/17 fossero materiali antiquati e di scarse prestazioni, ogni divisione di fanteria ricevette un battaglione mortai da 81 in rinforzo, portando la dotazione divisionale di tali armi a ben 72 pezzi. I due gruppi di cannoni da 75/46 mod. 34 erano quanto meglio si possedesse il Regio Esercito in fatto di artiglierie contraerei mobili di produzione nazionale. (8)
Per garantire la mobilità nel territorio russo caratterizzato da scarsa viabilità e numerosi corsi d’acqua, la componente del genio era rappresentata da 4 battaglioni tra artieri, pontieri e trasmissioni. Il C.S.I..R. ebbe, poi, un proprio corpo aereo della Regia Aeronautica composto da 83 velivoli da caccia e da ricognizione. Nel dicembre 1941, Messe, ritenuto il miglior generale italiano della seconda guerra mondiale, dopo l’esperienza di 5 mesi di guerra in Russia, chiese a Roma l’assegnazione di due ulteriori divisioni preferibilmente alpine, la trasformazione della divisione celere motorizzata ed il rimpiazzo dei quadrupedi andati perduti per la costruzione di un raggruppamento truppe a cavallo, che riteneva avrebbe potuto trovare proficuo impiego in quel particolare ambiente geografico. Anche senza considerare il progettato impiego delle divisioni alpine “Julia”, “Tridentina” e Cuneense” nelle montagne del Caucaso, nell’esercito fin dal 1941 avevano operato con successo nelle pianure russe interi corpi d’armata di truppe da montagna. Ciascuna divisione alpina ebbe in rinforzo 2 compagnie cannoni da 47/32 ed una compagnia armi d’accompagnamento di battaglione dotata di mortai da 81 e 6 pezzi da 47/32. L’A.R.M.I.R. ricevette le migliori artiglierie d’armata, da campagna, e controcarri presenti in Italia. I 90 pezzi da 75/34 mod. 97/38 e da 75/32 mod.37, gli unici disponibili del regio esercito, erano in grado di avere ragione anche dei carri T34 come dimostrato a Serafimovich. (9)
I cannoni e gli obici pesanti da 149/28 di origine tedesca, da 149/40 e da 210/22 erano tra le migliori realizzazioni dell”epoca. Pur senza ricorrere agli ottimi cannoni da 88/55 e da 75/50 ceduti dai tedeschi ed impiegati in Africa settentrionale, i reparti contraerei furono rinforzati da altri 3 gruppi da 75 /46 muniti di centrali di tiro Gamma e Gala. Anche per le artiglierie divisionali fu fatto quanto era nelle possibilità, assegnando al 2º corpo d’armata 72 obici da 75/18 mod.35 e sostituendo i pezzi da 100/17 con i cannoni da 105/28 con maggior gittata e migliore potere d’arresto controcarri. Prima della seconda battaglia del Don giunsero in Russia granate controcarri E.P. per i calibri d’artiglieria divisionale da 75 e 100 mm . (10)
Il precipitare degli eventi nell’inverno 1942-43 impedì il prospettato invio all’8a armata del 10º raggruppamento semoventi cingolati da 90/53, del 557º gruppo semoventi da 75/18 e di 3 gruppi di obici campali da 149/19.”

Carro sovietico tipo T.34 messo fuori combattimento dai bersaglieri (AUSSME)
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Note
(1)
Per effetto della circolare n.0015830 del 24 luglio 1941 dell’Ufficio Ordinamento e Mobilitazione dello Stato Maggiore del Regio Esercito. >Torna alla nota
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(2)
La mobilitazione venne sanzionata dall’Ufficio Ordinamento dello Stato Maggiore del Regio Esercito con la circolare n. 46230 in data 12 settembre 1942, come 75ª batteria da 75 mod. 97/38 anticarro, assegnata al 120° art. “P.A.D.A.”, con centro di mobilitazione il deposito del 20° art. d. f. a Padova). > Torna al testo
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(3)
Con la costituzione dell’A.R.M.I.R. (Armata Italiana in Russia/8° armata), il C.S.I.R. (Corpo di Spedizione Italiano in Russia), di cui era parte, assume la denominazione di XXXV corpo d’armata. > Torna al testo
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(4)
Foglio n. 02/360 in data 4 agosto 1942 a firma del generale di divisione Mario Ballotta. Nella lettera si specifica che nei giorni 30, 31 luglio e 1° agosto le artiglierie a disposizione della 3ª Divisione Celere hanno distrutto 24 carri armati russi, 6 dei quali pesanti da 34 t (sic) – con calibri 75 mod. 97/39 e 75/32 e 18 leggeri con 75/27 e 47/32. > Torna al testo
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(5)
Un’informativa dell’addetto militare italiano a Bucarest sui procedimenti tattici dell’esercito sovietico riferiva: “Sul fronte rumeno sono stati impiegati esclusivamente carri di piccolo e medio tonnellaggio: da 7 a 20 t. I proiettili da 37 e da 47 mm hanno perforato facilmente la corazzatura”. > Torna al testo
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(6)
La “Pasubio ” aveva 16 cannoni da 47/32, 16 da 65/17 e 16 da 20/65. La “Torino ” aveva 28 pezzi da 47/32 e 16 da 20/65. Il 2° battaglione controcarri di corpo d’armata da 47/32 allineava 24 pezzi. > Torna al testo
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(7)
La Pubblicazione del Servizio Informazioni Esercito Carri armati in dotazione nell’Esercito Sovietico, contiene foto, dati tecnici, prestazioni del T34 e del KV 1/2 è datata dicembre 1941. > Torna al testo
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(8)
Tra l’agosto 1941 ed il marzo 1942 il 4° e 19° gruppo da 75/46 e 20/65 abbatterono almeno 16 velivoli. >Torna al testo
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(9)
Verso la fine del 1942 i tedeschi cedettero agli alpini una batteria di 6 cannoni controcarri da 5 cm Pak38. > Torna al testo
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(10)
Furono inviati in Russia anche quantitativi di proietti E.P. da 47 e 65 mm. >Torna al testo