Ritorno


Autore: Nelson Cenci | Milano, Rizzoli, 1981; | II Ed. Mursia, Milano, 1991


  • Recensione di Patrizia Marchesini

Quando il sottotenente Nelson Cenci rientrò dal fronte russo, ferito gravemente a entrambi gli arti inferiori, una sola cosa gli premeva: riprendere gli studi e diventare un medico. Gli eventi drammatici che lo avevano coinvolto rimasero a sedimentare dentro di lui a lungo.
Anni dopo, come lui stesso ha raccontato, una nevicata in montagna – che sembrava coprire non solo il paesaggio circostante ma anche i corpi di quanti non erano tornati – accese in lui il desiderio di scrivere.
La prima edizione di Ritorno fu pubblicata nel 1981, con l’introduzione di Mario Rigoni Stern… Un titolo efficace, e dalle molteplici valenze.
C’è il ritorno continuo dei pensieri alla vita di prima. Prima della guerra e, soprattutto, della partenza per la Campagna di Russia… Emergono prepotenti la passione per il mare e per la montagna, le fatiche dell’addestramento militare, i giorni dell’infanzia vissuti con la madre sull’Appennino tosco-romagnolo.
C’è – durante il ripiegamento del Corpo d’Armata Alpino – la testardaggine di voler tornare a casa, e il racconto di come quel ritorno sia stato possibile.
C’è – in ogni pagina – il ritorno incessante della memoria, nei confronti di chi condivise quell’esperienza. Con lunghi dialoghi oppure con poche parole Cenci tratteggia i suoi compagni. Alcuni di loro – Rigoni Stern e Prisco – sono persone ben note, altri vengono delineati con pennellate essenziali ma efficaci. Sarpi amava la vela; Alberico – compagno di liceo – sciava benissimo; Corazza e Barp venivano entrambi dalla provincia di Belluno… il primo non sopportava i Tedeschi e aveva il sogno di diventare gelataio, il secondo, più accomodante, spesso frenava l’irruenza dell’amico; il capitano Beppo Signori, invece, era un po’ ruvido… Tanto per citarne alcuni.
E poi Lancini, il conducente di muli che, forse, più di ogni altro rese possibile il ritorno a casa di Nelson Cenci.
Ritorno è una meditazione importante e sofferta, ma priva di animosità. Pur descrivendo avvenimenti tanto drammatici, lascia l’animo sereno, forse perché Cenci ha saputo smussare spigoli e amarezze e indica quali valori imprescindibili per l’uomo la convivenza pacifica e la solidarietà fra gli individui.

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